CRACK

Video tratto dalla performance della mostra “Daimon3” 2009 – Ex Carcere Le Nuove, Torino

Nel gergo inglese con la parola Crack si vuol definire una persona con un intelligenza superiore alla media. Ho intitolato questo progetto Crack in seguito ad un racconto che mi fece un clandestino vissuto a Londra. Ma in generale, penso che chiunque si dimostri una persona troppo intelligente sia comunque scomoda alla società. Va troppo veloce. Soprattutto se non occupa il posto prestabilito. Crack vuol anche dire rompere. Questo progetto infatti vuole rompere una vecchia modalità, un’ idea, uno stato interiore ed esteriore. Vuole cambiare qualcosa!

Il progetto vuole portare un ex detenuto in un ex carcere rendendo visibile e reale una situazione solitamente rappresentata in arte attraverso simulazioni (video, installazioni, foto, quadri).
Ad esempio l’ artista Laurie Anderson nel 1989 ha rappresentato alla fondazione Prada ologrammi di detenuti in diretta dal carcere, ma non portati realmente nel sito della mostra. Riportare un ex detenuto in un ex carcere e come voler far rivivere qualcosa di impossibile perché ormai fisicamente fa parte del passato. Come nelle opere dell’ artista Bill Viola “The crossing”, “Ocean without a shore” e “Nantes triptych” dove si toccano i delicati argomenti sui “passaggi” vita/morte, sogno/realtà. Chi entra in questo spazio vuoto senza tempo – la cella – si trova a tu per tu con la propria coscienza rappresentata da una persona che la società ha evitato, evidenziando i propri rimossi e cercando di accoglierli come vuole essere accolto il detenuto nella società, che a sua volta propone se stesso rinnovato e positivo dialogando con il suo doppio. Chi ha il coraggio di affrontare in realtà se stesso più che il detenuto, entrando nella cella e potendogli parlare gli permetterà a sua volta di vedere se stesso nell’ altro

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